La filosofia del volo

 

 

Con ‘filosofia del volo’ non intendo certo mettermi a confronto od in competizione con i filosofi della storia passata e recente. Non ne sono in grado e manco mi permetterei. 'Filosofia' è parola grossa, mica mi ci metto!
Intendo solo riflettere… se ci riesco!

Già, riflettere un momento, seppur breve.

La vita di oggi ci porta sempre più spesso a sottovalutare, o meglio, a non renderci molto bene conto delle situazioni piacevoli che stiamo, contingentemente, vivendo. Siamo coinvolti, giorno dopo giorno, in un turbine di premura, di prepotenza (forse perché abbiamo paura di soccombere in qualche modo a qualcuno o a qualche situazione), di pensieri sconnessi e poco piacevoli. Basta solo guardare il telegiornale per farsi venire un’ottima depressione post-tg che poi, a lungo andare, non ti togli più di dosso.

Ora, volare non è un obbligo. Non è un dovere verso noi stessi o verso qualcun altro che dobbiamo soddisfare. Non è un’azione che dobbiamo compiere a tutti i costi, anche se la meteo è tecnicamente perfetta ma non ne abbiamo voglia a causa magari di problemi o pensieri ‘laterali’ che in quel momento ci affliggono.

Recita un proverbio: “E’ meglio essere a terra e desiderare di essere in volo piuttosto che essere in volo e desiderare di essere a terra”. E ciò ha valore non solo se ci si trova in una situazione meteorologica piuttosto ostica e difficile, ma anche se mentalmente non siamo pronti e preparati ad effettuare anche solo un semplice volo di diletto.

Personalmente mi è capitato di volere a tutti costi andare a fare una giratina, seppur breve, per i cieli. In quell’occasione stavo, con la mia futura moglie, lavorando ai preparativi del matrimonio e della casa. Ricordo bene il tempo splendido di un fine pomeriggio di maggio, il clima, il sole, il profumo della primavera, ma ricordo altresì che avrei avuto voglia di fare tutto ma non di volare.

Malgrado ciò volli andare lo stesso. Il risultato è stato quello di avere spaccato, in fase di decollo, la gabbia e l’elica in fibra avendo sollevato le gambe (facenti funzione di carrello retrattile) troppo presto. Errore gravissimo, senza conseguenze fisiche ma purtroppo già consistenti per il portafoglio, soprattutto in quel periodo.

Se fossi stato lucido e riposato non mi sarebbe successo. Non bisogna ‘strappare’ per forza un volo alla natura perché è la natura che avrà sempre ragione, in ogni caso. E se poi, per caso, ci va bene, non dobbiamo essere spavaldi e pensare, o peggio dire agli amici, che siamo usciti ‘dalla bagna’ perché siamo belli e bravi! Cosi facendo ricaderemo, prima o poi, nel medesimo errore, e magari con conseguenze molto peggiori!

Il volo, a parere mio, deve essere gustato in tutto il suo splendore, in tutta la sua magnificenza, ma anche rispettato in quanto tale. Ricordate la ciliegina sulla torta? Ebbene, volare è fantastico ma occorre farlo a mente e fisico lucidi, senza troppi pensieri. Il bello sono anche i momenti che precedono il volo, od anche il solo pensiero di programmare un volo, anche se è un volo già fatto altre volte.

Essere nella terza dimensione è semplicemente fantastico! Si potrebbero scrivere una infinità di aggettivi di elogio al volo, ma alla fine quello che si prova dentro di noi sarà sempre estremamente personale, unico, perché solo il singolo pilota potrà saperlo, perché solo lui lo ha vissuto!

Spesso, quando mi trovo per aria, uso dedicare il volo a qualcuno. Quel qualcuno può essere un famigliare, un amico, od anche il mio gatto che si chiama, ovviamente, Nuvola. Per me e per mia moglie, che amiamo gli animali, è considerato alla pari di una persona. Lo so che potrò essere preso per deficiente, ma è cosi!

C’è stato, anni fa, un episodio che mi ha proprio aperto il cuore, mi ha commosso. Ero decollato da un prato vicino a dove abito. Durante le fasi che precedevano l’atterraggio, vidi due adulti e due bambini che mi guardavano con aria tra lo stupito e l’incredulo, diciamo anche divertiti.

Ho eseguito allora qualche passaggio a bassa quota vicini a loro, tanto per stupirli ancora di più, per fare vedere e capire quante cose si possono fare con un paramotore ed anche, diciamola fino in fondo, per tirarmela un po’.

Una volta atterrato, si avvicinano e, con fare gentile ed educato, cominciarono a chiedermi informazioni generiche su questa tipologia di volo.

C’è da osservare che, prima di decollare, incontrare qualche persona che comincia a subissarmi di domande, quasi mi irrita, per meglio dire mi rompe proprio le palle! Voglio essere concentrato ed attento ad ogni più piccolo dettaglio e parlare mi deconcentra. Il massimo è quando qualcuno mi chiede: “Ma è bello?”. Ma dai???? No guarda, mi fa cagare, è pericoloso ed è anche una noia mortale ma lo faccio lo stesso!!! Ma che domanda, anche se fatta con ingenuità!

Parlare invece quando sono atterrato mi fa solo piacere e pure mi rilassa.

Ritornando alla famiglia di prima, alla fine della bella chiacchierata, la bambina, che avrà avuto sei o sette anni, raccoglie un piccolo fiore dal prato e me lo sporge ringraziandomi per le spiegazioni e per averli fatti divertire mentre volavo.

Mi sono commosso per quel gesto semplice ma sincero, come se mi avesse bucato il cuore. Ancora oggi conservo quel piccolo fiore essiccato nel mio portafoglio!

 

Ricordo bene anche un episodio molto ilare accaduto diversi anni fa. Ero andato con dei colleghi d'ufficio, Ferr, Agottino e Zio Pil, ad un Giovedi Scienza, che nulla era se non diversi appuntamenti che si tenevano, per l'appunto, il giovedi fine pomeriggio, in un teatro di Torino.

Gli argomenti erano molteplici e tutti a carattere scientifico.

Quella sera (perchè era inverno ed alle 18 era già sera) l'oratore era il fantastico astronauta e pilota collaudatore Maurizio Cheli (e posso usare il nome anzichè uno pseudonimo perchè è un personaggio pubblico). Mentre parlava della sua esperienza di astronauta e della missione sullo Space Shuttle durante la missione Columbia STS-75 che lo aveva portato nello spazio, un astante gli chiese quanti G di accelerazione si dovessero sopportare durante il decollo.

L'astronauta, con tutta l'umiltà possibile e che contraddistingue le persone intelligenti, gli rispose: "Durante il decollo sullo Shuttle Columbia si raggiungono accelerazioni di circa 4 G, comunque molto tollerabili e assolutamente normali per 'NOI, PILOTI DA CACCIA' ".

E sti cazzi!!!! Che frase altisonante ma per lui più che normale!

Abbiamo comunque riso per settimane su quella frase, facendo il gesto di togliere la forfora dalla spalla con la mano.

Maurizio Cheli fece anche un corto intitolato "Emozioni a 9 G", ed in questo filmato descriveva le varie manovre che compiva con un Eurofighter. Fu famosa una delle sue frasi che ripetevo sempre al mio capo Ferr: "Preferisci che ti faccia una John Derry a sinistra con un quarto di roll a destra od una High Alfa Roll al massimo delle prestazioni aerodinamiche?"...

 

Un altro episodio che mi ha lasciato un po' perplesso ma contentissimo, accadde una quindicina di anni fa. L'azienda per cui lavoro mi aveva fatto partecipare ad un Assessment Center, che null'altro era che dei confronti con altri colleghi su alcune tematiche per due giorni ed un colloquio individuale il terzo con una psicologa.

Tutto ciò per potere essere al meglio collocato all'interno dell'azienda (l'avessero mai fatto poi!).

Ebbene, il terzo giorno, durante questo colloquio 'vis à vis', la psicologa mi chiese di parlare in generale della mia vita, delle mie aspirazioni e dei miei hobby.

Va da se che le feci una testa così riguardo al volo che pratico nel mio tempo libero e quando posso.

La cosa stupefacente, e che lasciò poi un po' spiacevolmente interdetti mia mamma e la mia fidanzata quando entusiasticamente glielo raccontai è che, sempre la psicologa alla quale se potessi le farei un monumento in pieno centro di Torino, alla fine del colloquio, nel momento di congedarmi, quasi timidamente mi trattenne e mi disse: "Dottor Glicole, un'ultima cosa... Mi raccomando, non smetta MAI di volare, perchè lei con il volo ha trovato il suo equilibrio! Se dovesse smettere si troverebbe in difficoltà."

UUUAAAAUUUUUUUUUUUU!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Non finivo più di ringraziarla e, sinceramente, se me lo diceva una psicologa, una persona che ti scava nella testa, voleva dire che in ogni caso aveva ragione ed io avevo quindi intrapreso un percorso finalmente giusto, corretto!!!!!

 

Ma poi, perchè volare? Perchè rischiare a volte così tanto?
Nella letteratura scientifica il tipico rappresentante di questa categoria viene sempre descritto come 'persona relativamente giovane, di sesso maschile e appartenente al ceto medio: pur dimostrando interesse per il prossimo, e spesso esercitando una professione che comporta molti contatti umani, attribuisce un grande valore all'indipendenza e, pertanto, non avverte l'esigenza di coltivare relazioni sociali.
Nonostante sia dotato di una intelligenza media o addirittura superiore, di creatività e fantasia, non insegue il successo nel lavoro.
Sembra che per lui gli aspetti profondi della sua professione e la soddisfazione spirituale valgano più del successo materiale e della conquista di una posizione di prestigio.
A paragone con la gente comune, questo individuo si può considerare coraggioso. Questa caratteristica non si esprime soltanto in attività rischiose, che egli pratica malgrado la paura, proprio in questo mostrando il suo coraggio, ma anche in altre azioni di vita, per esempio sotto forma di impegno civile. Viene definito un distratto, un anticonvenzionale, un anticonformista, con una certa tendenza all'anarchia.
Incapace di accettare le norme ed i valori socialmente riconosciuti, può superare i limiti imposti dalla morale comune, per esempio sperimentando la droga. Il suo bisogno di stimoli lo rende aperto a qualunque forma di esperienza, anche se nuova ed insolita.
Egli fuma, beve e, se la vita non gli offre abbastanza diversivi, trascorre gran parte del suo tempo libero davanti alla televisione o al cinema' (dal libro di Gert Semler - Il Piacere Nella Paura).

Qualcuno per caso si riconosce in questa descrizione, anche solo in modo parziale?

Mah ...