I profili autostabili


Il manuale di una nota vela dotata di profilo autostabile recita: “la sezione alare con andamento a reflex significa che questa ha uno stabilizzatore inglobato nella sua stessa forma”. E ancora: “la calotta non é più completamente dipendente dal carico alare come unica risorsa di stabilità in beccheggio”. E per finire: “fondamentalmente, l’ala é più stabile se volata veloce”.
Anche un principiante intuisce quanta rivoluzione ci sia in questi concetti fondamentali. Essi si scontrano frontalmente con quanto imparato fino ad ora riguardo le vele da parapendio e paramotore: il profilo ha una propria stabilità intrinseca, che esula dall’applicazione del peso sulla calotta (vale a dire, in turbolenza quando la calotta o parte di essa si scarica parzialmente del peso, c’é qualcos’altro che interviene per mantenere il profilo nel giusto assetto di volo), e questa stabilità incrementa quando l’ala é volata in assetti più veloci, vale a dire rilasciando i trim e magari applicando un pò di speed-bar. Praticamente il contrario di quanto avviene con vele “normali”, con le quali occorre rallentare in turbolenza, e controllare i movimenti della calotta agendo sui freni per prevenire il raggiungimento di angoli d’attacco critici.

Ma procediamo per gradi: per capire bene il concetto di profilo autostabile occorre  parlare in primis dei profili convenzionali. Essi hanno una forma più o meno “incurvata”, con la “gobba”. Questa forma é quella che permette di creare portanza nella maniera più efficiente. Se prendiamo in considerazione la linea mediana del profilo, cioé quella che congiunge i punti sulla mezzeria, otterremo una specie di ampio ponte od arco, la cui forma può essere la più diversa a seconda dei profili. 

Figura 1

Nella figura 1 sono rappresentati alcuni profili tradizionali, e relative linee mediane.
Ora, questo tipo di profilo consente di sviluppare elevati valori di portanza, ma presenta un problema: in volo questo andamento “ad arco” ha come conseguenza lo sviluppo di un coefficiente di momento negativo. Vale a dire che, mentre genera portanza, l’ala tenderà a ruotare puntando il naso verso il basso. Tenderà cioé a diminuire la sua incidenza. Maggiore é l’inarcamento, più alta é la forza angolare esercitata.
I vari aeromobili pongono rimedio ciascuno a modo suo a questa tendenza dell’ala a ruotare. L’aereo convenzionale ad esempio, é dotato di piani di coda, che nel flusso d’aria semplicemente impediscono qualsiasi rotazione della fusoliera sul beccheggio. I velivoli canard, come il flyier dei fratelli Wright ad esempio, sono dotati di due ali, una anteriore solitamente più piccola ed una posteriore, che nel gioco di forze che si viene a creare si equilibrano a vicenda attorno ad una appropriata distribuzione dei pesi. E’ sempre un gioco di equilibrio dove le forze esercitate dalle superfici, portanza, resistenza e momento, si annullano a vicenda attorno al baricentro del velivolo. Qualora qualcosa intervenga per modificare questo equilibrio (turbolenza, azioni del pilota) allora una di queste forze prevarrà sulle altre in modo da ristabilire la giusta incidenza di volo.
Il parapendio, unico nel suo genere, utilizza a questo scopo la sola forza peso. Ovverosia il baricentro é molto, molto più basso del centro di pressione dell’ala, motivo per cui il sistema é in equilibrio per semplice effetto pendolo. Per questo motivo il parapendio é intrinsecamente stabile in beccheggio e rollio ed é l’unico mezzo volante che si riporta velocemente in volo livellato da qualsiasi assetto anche rilasciando i comandi. Il rovescio della medaglia é una maggiore sensibilità alle turbolenze, che innescano oscillazioni.
Quindi il profilo del parapendio, che di per sé tenderebbe ed abbassare il naso, é mantenuto nella giusta posizione dal fascio funicolare che si infulcra sul corpo del pilota, che con la sua massa mantiene tutto in assetto. Il problema facilmente comprensibile é che, qualora venisse a mancare il carico (forti sobbalzi in turbolenza, manovre estreme) tutto il sistema collassa.
Fino ad ora a questo c’era poco rimedio, a parte la bravura del pilota nel mantenere sotto carico la vela agendo con lo spostamento del peso nella selletta ed i comandi, e soprattutto nell’evitare condizioni troppo forti. Ora però, con i profili autostabili applicati alle vele da paramotore, ci sono nuove risorse da sfruttare in condizioni difficili. La chiave di tutto é, appunto, la trazione costantemente esercitata dal propulsore, anche quando la forza peso dovesse calare la sua influenza. Un fattore questo che non era mai stato preso in considerazione in merito alle sue implicazioni sulla stabilità di beccheggio.

Ma come funziona un profilo autostabile? Un tale profilo, lo avrete già capito, presenta un coefficiente di momento (Cm) positivo. Vale a dire, se lasciato a sé stesso, tenderebbe a ruotare il naso verso l’alto, piuttosto che verso il basso, aumentando il suo angolo d’attacco. Tale risultato si ottiene in vari modi; va da sé ad esempio che qualsiasi profilo a Cm negativo, se montato al contrario, diventa autostabile. Tale profilo però sarebbe un disastro in termini di efficienza, cioé rapporto portanza/resistenza, perciò si é applicato un diverso metodo molto più efficace per “rendere stabile” un profilo tradizionale, con inarcamento positivo: rialzare un poco la coda. In questa maniera l’andamento della linea mediana é ad “S”, o a reflex che dir si voglia, con inarcamento positivo nella parte anteriore, e negativo in quella posteriore (vedi figura 2) di modo che il Cm totale diventi positivo. 
Figura 2

La parte anteriore della sezione alare si trova cioé ad assolvere al compito di sviluppare portanza, la parte posteriore a quello di conferire stabilità. L’effetto “deportante” della coda aumenta al diminuire dell’incidenza, e con la giusta posizione del baricentro, un’ala di questo tipo risulta stabile in beccheggio senza piani di coda e senza freccia o svergolamenti vari tipo deltaplano.

Per raccontare un pò di storia, diremo che i profili alari autostabili sono applicati con successo praticamente da sempre in aeronautica, e a dire il vero anche nel parapendio i moderni profili sono fatti in modo da avere un basso Cm, anche se non positivo. Ma é solo alla fine del 1998 che Mike Campbell-Jones, un pilota inglese che é un pò il padre di questo tipo di filosofia, applicò un profilo marcatamente autostabile ad una vela da paramotore, creando appunto la “Reflex”, che é considerata la capostipite di questa nuova generazione di mezzi. 

 

Subito si verificò la potenzialità di questi profili con il paramotore, ma la Reflex aveva molti difetti e qualche tempo dopo fu sostituita dal Dudek Traper, ora perfezionato e denominato Paramania Action, dove questi profili hanno finalmente trovato la loro consacrazione. 

Ai mondiali 2003 il 50% dei piloti ha volato Paramania. Ora questa vela sta per compiere i due anni di vita e senza dubbio sarà presto affiancata da nuovi e sempre più perfezionati prototipi. Il tempo dimostrerà se questi profili avranno il monopolio sulle ali avanzate da motore delle prossime generazioni.

Per ora andiamo in volo con la Action e vediamo cosa succede.
Innanzitutto noteremo che, con questi profili, la portanza si sviluppa quasi esclusivamente sul primo terzo della corda. Ciò ha come conseguenza che il baricentro é molto avanzato, si vola appesi alle sole file “A” e “B”, adeguatamente rinforzate. Provando a trazionare le file “C” e “D”, noteremo che sono molto morbide e sostengono pochi kg, addirittura rilasciando i trimm queste si lascano completamente e fanno la pancia, il che é logico se si pensa che il profilo può, essendone perfettamente in grado, “trovare” la propria giusta incidenza nel flusso d’aria basculando liberamente nella parte posteriore. Ma a che servono allora le ultime file di cordini? Non si poteva eliminarle completamente?
Le file “A” e “B” sono ben distanziate sulla corda alare, lavorano nel primo terzo dove é generata la portanza mentre le ultime due agiscono vicino al bordo d’uscita, dove insiste l’andamento a reflex. In effetti le file “C” e “D” sono quelle che “controllano” questo andamento, appiattendo il profilo in questa sezione quando i trim sono trazionati. Ciò significa che, sfruttando una caratteristica unica del parapendio, cioé quella di poter variare la curvatura, il profilo acquista la sua forma originale completamente autostabile solo quando i trim sono rilasciati, come mostra la figura 3. 
Figura 3

Questo perché si é cercato di costruire una vela che, a scelta del pilota, potesse avere caratteristiche differenti a seconda della regolazione dei trim. Per avere insomma i vantaggi di un profilo autostabile senza gli svantaggi di un profilo autostabile...
Ah, già, dimenticavo di precisare che un tale profilo presenta inevitabilmente anche alcuni svantaggi... Vediamo insieme quali sono:

-una portanza totale a parità di incidenza inferiore a quella di un profilo tradizionale;
-un rapporto Coefficiente di Portanza / Coefficiente di Resistenza (efficienza) alle alte incidenze sicuramente inferiore;
-a parità di superficie, una più alta richiesta di potenza per mantenere il volo livellato;
-per quanto riguarda gli aeromobili, la possibile comparsa di oscillazioni elastiche (flutter) sulle superfici mobili alle basse incidenze;
-per  il parapendio, la diretta influenza dell’azione dei freni (che agiscono appunto sulla curvatura del bordo d’uscita) sul momento del profilo che da positivo può diventare negativo, vale a dire la possibilità, per piloti non preparati, di fare più danni che utile in condizioni o assetti particolari;
-con il paramotore, la tendenza a “sedersi” della vela una volta gonfia ma non ancora caricata del peso se da una parte impedisce il superamento del pilota e la chiusura del bordo d’attacco, dall’altra può essere fastidiosa in decollo dove bisogna insistere più a lungo sulle bretelle anteriori, aiutandosi col motore. Addirittura gonfiando fronte vela con vento sostenuto può essere utile, qualora la calotta tendesse a ricadere, applicare una piccola quantità di freno per sostenere la coda del profilo e fare avanzare la vela;
-il baricentro molto avanzato rende violente le eventuali chiusure che, anche se improbabili, possono tuttavia verificarsi in condizioni estreme o per errori del pilota essendo la vela pur sempre priva di struttura rigida.

Agendo sui trim otterremo un profilo più convenzionale che ci consentirà di avere più portanza ed efficienza alle basse velocità, per consumare meno carburante o semplicemente per decollare ed atterrare più agevolmente. La vela sarà comunque diversa dalle altre alle quali siamo abituati, veloce e con un assetto più picchiato che richiede ampi spazi di manovra, decollo e atterraggio. Rilasciando i trim, il profilo diverrà autostabile e ci consentirà di viaggiare ancora più veloci delfinando tra le turbolenze ma rimanendo fermo sulla testa, senza la necessità di molto controllo da parte del pilota. Anzi, specialmente a trim rilasciati, é necessario evitare  di intervenire sui freni.


In condizioni difficili di vento e turbolenza queste nuove vele consentono di togliersi d’impaccio rilasciando i trim e volando veloci in sicurezza. In questo assetto di fatto riduciamo superficie e corda alare di un buon 30%, aumentando il carico alare e diminuendo la resistenza senza modificare l’orientamento delle bocche. Il centro di pressione si muove in avanti aumentando la stabilità di beccheggio, l’allungamento effettivo aumenta col risultato di una vela più veloce ed efficiente sotto motore ed in velocità. La trazione del propulsore manterrà sotto tiro costante l’ala anche negli scossoni più violenti quando la funzione stabilizzante del peso verrà meno, permettendo al profilo di mantenere un angolo di attacco adeguato grazie alla suo Cm positivo. Aumentando ancora la velocità utilizzando la speed-bar, aumenterà di conseguenza la spinta richiesta e la garanzia che ne deriva di pressione interna all’ala, e la funzione stabilizzante del reflex si farà maggiormente sentire, permettendo ancora una volta una sicurezza elevata.
Le sensazioni in volo sono molto diverse da quelle di un parapendio tradizionale, il pilotaggio differente. Le prestazioni velocistiche sono grosso modo quelle di un delta monosuperficie. Credo che l’unico vero tallone d’achille per questa nuova generazione di vele (per un pilota esperto) sia la maggiore richiesta di potenza, anche se siamo solo all’inizio e per il futuro...
Una personale considerazione riguardo al carico alare: con questo tipo di profilo occorre scegliere con attenzione la taglia più adatta, in quanto una vela troppo grande annulla i vantaggi prestazionali mentre un mezzo troppo caricato vede aumentare in misura esponenziale gli aspetti negativi: richiesta di potenza, decollo e atterraggio lunghi.
Dimenticavo: per questo tipo di vele, almeno per ora, non é possibile un utilizzo proficuo in volo libero senza motore, in quanto il tasso di caduta in termica é troppo elevato, anche a trimm completamente chiusi. Per il resto, é divertimento puro...


da www.paramotore.org